Liberi ma analfabeti?

Conversazione e dibattito con Raffaele Mantegazza
Docente di Scienze Pedagogiche
Università di Milano

Lunedì 28 ottobre alle ore 21,00 nell’aula magna del Liceo Verri di Lodi.

Sommersi da informazioni difficili da capire e verificare, sappiamo ancora leggere, scrivere e far di conto?
La neuroscienziata Maryanne Wolf, che ha svolto importanti ricerche e riflessioni sul tema dell’alfabetizzazione, con particolare riferimento agli aspetti legati alla lettura e a come si modifica il cervello umano che legge in un mondo sempre più digitale, ha scritto: “L’enorme quantità di notizie e informazioni disponibili fa credere di sapere abbastanza. In tal modo si giunge a uno stato mentale fuorviante che spalanca la porta ad altri che pensano al nostro posto”. E’ un tema che ha grandi implicazioni sulla vita di ciascuno e della società nel suo complesso. “Una comunità che perde gradualmente l’attitudine a farsi carico dei propri pensieri finirà con il cedere”, scrive ancora la Wolf; “le proprie capacità di analisi a chi dice ai cittadini come pensare e cosa temere”.
E’ il fenomeno dell’analfabetismo funzionale.
Sanno leggere, scrivere e fare i calcoli, ma non sanno comprendere e interpretare la realtà che li circonda e le informazioni a cui sono esposti. Non riescono a sviluppare un pensiero critico e hanno difficoltà a comprendere testi semplici.
L’Italia è quarta nel mondo nella classifica degli analfabeti funzionali, dopo Giacarta, Cile e Turchia. Un fenomeno ancora più preoccupante al tempo dei “social”.
Ha scritto Umberto Eco, dopo aver ricevuto la laurea Honoris causa in Comunicazione e cultura dei media a Torino nel 2015: “I social media danno diritto di parola a legioni di imbecilli che prima parlavano solo al bar dopo un bicchiere di vino, senza danneggiare la collettività. Venivano subito messi a tacere, mentre ora hanno lo stesso diritto di parola di un premio Nobel. E’ l’invasione degli imbecilli”. Al di là delle parole forti e colorite di Umberto Eco, rimane tuttavia la preoccupazione per i rischi che corrono oggi le democrazie, che possono resistere alle minacce autoritarie solo se riescono a trasformarsi da “democrazie di spettatori passivi” a “democrazie di partecipanti attivi”, nelle quali cioè i problemi della comunità sono familiari al singolo individuo e per lui importanti quanto le sue faccende private.