Lutto per don Marco Lunghi

E’ tornato alla casa del Padre don Marco Lunghi, sacerdote cremasco ed ex docente di antropologia culturale del nostro istituto. Qui di seguito riportiamo il ricordo di don Marco nelle parole di don Pierluigi Ferrari alle esequie.

Accolgo con qualche trepidazione l’invito del vescovo a tracciare un breve profilo dell’amico don Marco prestando la voce a tante persone che gli volevano bene e che sono venute a esprimergli la loro riconoscenza. Pellegrino verso la terra del Signore, don Marco sente, qui nel suo Santuario, l’abbraccio di familiari, confratelli sacerdoti, collaboratori delle sue attività culturali, amici del Gruppo antropologico, di Insula Fulcheria, di Unicrema, ex alunni dei suoi corsi di “Letteratura e arte” alla Scuola Manziana e soprattutto la grande famiglia scout venuta a salutare Baloo in partenza per la sua ultima uscita.

A tutti dico: siate orgogliosi di ciò che don Marco è stato per ciascuno di voi, ma anche di ciò che è stato per la nostra città. Con lui viene a mancare una figura eminente nella scena cittadina, un grande educatore, un genuino interprete dell’anima “cremasca”.

Ho conosciuto don Marco quando ero chierichetto e lui seminarista prossimo al sacerdozio, primo di nove figli di una famiglia profondamente cristiana di Santa Maria. Gli faceva piacere sentirmi dire che la sua esemplarità aveva influito sulla mia scelta vocazionale. Noi ragazzi eravamo affascinati dai suoi racconti serali nella casa estiva di Campolaro.  Ci narrava storie meravigliose e intriganti come “Lo spettro di Morsville” e le “Novelle (le pasòce) del Torchio”. È sempre stato un grande narratore come sanno le tante generazioni di lupetti che nei campi estivi e invernali attendevano da lui il racconto serale del “giallo a puntate”.

Per il suo sguardo universale sul mondo gli furono maestri i Professori Guglielmo Guariglia della Cattolica di Milano e Lorenzo Grottanelli della Sapienza di Roma fino al dottorato in Etnologia. Da lì il passo verso l’attività di docenza accademica presso l’Università Cattolica di Brescia e la piena maturità culturale che si arricchì con innumerevoli viaggi di ricerca etnologica in tutti i continenti e che don Marco espresse in cicli di conferenze e come giuria di concorsi letterari nazionali.

Don Marco pose il suo sapere anche a servizio di un intenso studio della realtà cremasca: una passione per la quale gli fu maestro il parroco mons. Francesco Piantelli, autore di quel Folclore cremasco che gli insegnò a cogliere lo spirito più profondo della tradizione locale e delle microstorie urbane e contadine. Ne nacquero i saggi su la cascina, i mulini, i mestieri, i lavandai, l’osteria, il cibo, il ciclo delle feste, i segni delle campane, Santa Lucia, e tant’altro.

Ricordo la gioia di don Marco quando conducevamo insieme ricerche sul campo, nelle antiche dimore della gente, nei cortili e nelle botteghe, per trovare le tracce di una cultura che tanto amava, sempre a partire dal lessico, dalle espressioni gergali, dai detti sapienziali attestati nel nostro dialetto. Queste ricerche diedero vita a La ùcia dal casül (L’unto del mestolo) riedito poi col titolo La Crema di Crema, quando avemmo l’onore di presentarlo all’Expo di Milano.

Non posso poi dimenticare quanto l’ha appassionato la ricerca sul clero cremasco del Novecento: il libro Scherzi da prete costituiva per lui l’occasione per riscrivere un trattato di ecclesiologia popolare, con tante figure di sacerdoti collocate sullo sfondo dei più svariati scenari e condotto con il fil rouge di un umorismo declinato nelle più sorprendenti espressioni. Posso attestare che per don Marco queste ricerche non avevano carattere accessorio, ma erano parte della sua visione cristiana della vita, alimentavano la sua spiritualità, erano il suo modo peculiare di esercitare il sacerdozio.

Gli scout furono la sua seconda grande passione. Ricordava, non senza una risata di contagiosa empatia, che il suo esordio in questa associazione per incarico del vescovo Costa (1963) era stato dileggiato da un giudizio sardonico del suo direttore spirituale, il canonico don Ernesto Lucini, prete di antico stampo, che ironizzava sugli strani comportamenti dal sapore anglo-sassone, sulla tipica divisa, sulla frequentazione dei boschi e delle rive del Serio per – insinuava il buon canonico – «accoppiare i sassi maschi e femmine».

Eppure fu questo il mondo nel quale don Marco si immerse con convinzione. In esso investì risorse relazionali, giocò la sua ricca umanità, la sua straordinaria passione di educatore insieme con una fantasia innovativa. Mi confidava: «Sai, sento di avere una grande famiglia: bambini e bambine, ragazzi e ragazze, donne e uomini passati dall’esperienza scout per i quali provo la gioia di aver contribuito alla loro crescita umana e spirituale». E aggiungeva: «È questo l’impegno di un assistente e ciò che io mi sono proposto di fare: preparare giovani alla società civile e alla vita ecclesiale, con attitudine al dono di sé, per un servizio nella famiglia, nel lavoro, nella Chiesa, nelle istituzioni democratiche».

E ora guardiamo oltre. Portato sulla santa montagna, don Marco può estendere lo sguardo su tutto il panorama. Lascia i frammenti della sua ricerca antropologica e gusta la bellezza dell’insieme. “Io vidi un nuovo cielo e una nuova terra, perché il cielo e la terra di prima erano scomparsi» (Ap 21,1).

Caro don Marco, sono certo che in mezzo a tanta gioia e tanta luce, capirai che era questo l’evento sorprendente che a lungo hai atteso, che hai cercato nel travaglio delle giornate, preparato con le opere della fede, avevi intuito nella preghiera.

Ho pensato che se mai in paradiso esistesse un settore riservato ai cremaschi, il tuo approdo all’eternità creerà una certa animazione nel gruppo. Incontrerai i tuoi genitori e i tuoi maestri e – ne siamo certi – ne nascerà qualche battuta di simpatica intesa magari nel nostro bel dialetto. Da parte mia comincio ora a coltivare un desiderio:

Ma quant sa truarèm an Paradis,
sarèm per sempre ‘nsèma
e col Signur ciciararèm da Crèma”.

Addio don Marco dai tuoi tanti amici.
Addio dalla tua città.